“Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, è l’illusione della conoscenza”
-Stephen Hawking
È provato scientificamente che quella capacità che spesso ci siamo attribuiti, quella di fare più cose contemporaneamente, detta multitasking, non esiste, è un’illusione di uno stato d’essere molto più simile alla dispersione energetica e di attenzione piuttosto che a una vera e propria capacità lavorativa. Viene detta, infatti, C.A.P. acronimo di Continous Partial Attention (attenzione parziale continua).
Già oltre una decina di anni fa si è cominciato a studiare il fenomeno che è strettamente associato alla relazione che ognuno di noi ha con la tecnologia. Stiamo parlando di smartphone, di computer, iPad, iPod, giochi tipo playstation, che hanno cambiato radicalmente il nostro modo di vivere in un tempo piuttosto breve. Se pensate che solo pochi anni fa usavamo la segreteria telefonica per inviare messaggi, che l’orario di lavoro era dalle 9 alle 18 allora ci renderemo conto della rivoluzione in cui siamo immersi e che è avvenuta con velocità esponenziale. Guardandoci a oggi scopriamo di non avere quasi più spazio o tempo libero, sia fisico che mentale nella nostra quotidianità perché viviamo connessi senza sosta ricevendo milioni di sollecitazioni al secondo. La gestione di tutto questo flusso continuo, ininterrotto di informazioni genera stress, bisogno di rispondere rapidamente per non sentirsi schiacciati e produce uno stato d’ansia costante: quello di attenzione parziale continua.
Quel che è fondamentale comprendere (anche a costo di una disintossicazione) è che fare più cose alla volta porta a uno stato di attenzione superficiale, interrotta, accrescendo la possibilità di fare errori, diminuendo sensibilmente le nostre capacità, rendendoci poco performanti più insicuri, meno capaci di esprimere il nostro potenziale, fino al punto di danneggiare il nostro lavoro. Per capire ancora meglio il C.A.P. dobbiamo rifarci alla nostra vita: ci saremo senz’altro trovati a chattare, ascoltare notizie alla radio, conversare mentre guidiamo, questo ha provocato pericolo e distrazione.
Oppure siamo andati andati a cena con una persona cara e abbiamo riposto il nostro smartphone sul tavolo come terzo incomodo. Provando a parlare siamo stati interrotti dal suono di WhatsApp, dal desiderio di scattare una foto del piatto ordinato, di controllareInstagram, di ricevere una telefonata a cui non potevamo non rispondere ed infine un’email urgente del capo ricevuta alle 22.45 a cui non potevamo non rispondere, è per il meeting di domattina. Il risultato è sempre lo stato di attenzione parziale continua, siamo al tavolo con la testa anche un bel po’ altrove.
Questo accade costantemente anche sul luogo di lavoro, siamo costantemente portati via senza che ce ne rendiamo conto, viviamo in uno stato di continua urgenza che non ci permette di comprendere realmente ciò che è prioritario, questo genera un danno non solo umano, ma anche economico alle nostre attività.
Non vi è alcun giudizio, ma semplice constatazione che deriva dalla biologia umana: il cervello non può concentrarsi efficacemente su più cose insieme contemporaneamente, se non con uno sforzo extra che porta a uno stato di confusione, approssimazione, poca lucidità, stress fisico, emotivo ed intellettuale.
Abbiamo parlato tanto in passato della necessità di vivere nel presente, il ricercato qui e ora che ogni coach e motivatore ha professato attraverso le più sofisticate tecniche, ma il terzo millennio è all’insegna di una ripartizione sempre più stracciata di brevi momenti in cui la concentrazione non riesce a focalizzarsi. Siamo entrati quasi senza accorgercene nell’era digitale dove il qui ed ora avviene con la testa china su uno schermo, sempre più connessi al mondo e sempre più lontani
da noi stessi.
La vera capacità oggi, sempre più ricercata dalle aziende, è il risultato di come e quanto un individuo è in grado di concentrarsi, focalizzarsi su una cosa per volta, produrre risultati e soluzioni per gestire le nuove sfide del mondo moderno.
Il segreto, la chiave per realizzare tutto questo sta nel monotasking.
Fare una cosa per volta, farla bene, godendo della concentrazione e della propria capacità e dei doni che questa porta. Trovare soluzioni che siano collegate al motivo per cui facciamo le cose, essere fedeli alla mission e alla vision, sfruttare il flusso di informazioni come una risorsa straordinaria non un nemico al quale siamo assoggettati è ciò che il mondo sta ricercando.
Risolvere i problemi, creare nuove situazioni, generare nuovi spazi e condizioni perché il flusso di lavoro non sia costantemente interrotto da ciò che non è centrale, sappiamo che mille urgenze sono nessuna urgenza. Sapere è l’inizio del potere, il passaggio successivo è praticare:
- Rimuovere la fonte di distrazione, ognuno sa da cosa iniziare, per esempio dai social ed auto-limitarsi nell’uso dello smartphone, sia durante il lavoro sia nella propria vita privata
- Lavorare solo su un monitor alla volta spegnendo il cellulare
- In caso di un calo d’attenzione, alzarsi e fare due passi e bere un bicchiere d’acqua fresca: questo migliora l’umore, riduce la rabbia, aiuta a riconcentrarsi e focalizzarsi
- Concedersi delle pause un po’ per ossigenare il cervello, un po’ per premiarsi rispetto al lavoro che si sta facendo. E se qualche volta ci si distrae o ci perdiamo è normale, fisiologico, con un po’ di allenamento il monotasking non sarà più una sfida ma la quotidianità
- Per le tante email che riceviamo ogni giorno, proviamo a dedicare qualche minuto ogni ora o diversamente, dipende dal lavoro che facciamo, controllarle in momenti pianificati durante la giornata. Dividerle in due gruppi: quelle che necessitano una risposta immediata, quelle che possono aspettare. Un paio di giorni a settimana chiamiamo le persone interessate per comunicare quel che è la situazione, per creare empatia perché è difficile da trasmettere in via telematica
- Rispondere alle email, per quanto possibile, nell’orario di lavoro, e per le questioni personali, fuori dagli orari di lavoro così che ogni cosa abbia il suo giusto tempo
- Privilegiare il contatto umano, sempre e comunque.
Questi consigli valgono per i giovani, per i meno giovani, per i genitori, per i figli perché il processore umano, come quello del computer, alla fine svolge un task per volta, a sovraccaricarlo con più richieste, illudendosi di far prima, spesso lo si impalla aumentando tempi di elaborazione e rischio di errori sino al doppio in più (come dimostrano studi recenti), proprio come succede ai calcolatori. Sicuramente faremo meno cose ma decisamente meglio, e non dimentichiamo che less is more e troveremo anche il tempo per sederci e far due chiacchiere senza troppe interruzioni.